CRO RI DI LO MA… Sta attento/a è la filastrocca che permette di ricordarsi la disposizione degli attrezzi e come titolo per un documentario sul corso di speleologia non poteva non starci. I primi mesi del 2012 Francesca mi aveva mostrato alcune pubblicazioni dal nome a me strano per l’epoca, Progressione seguita da un numero. Inizialmente pensai ad una curiosità temporanea di Francesca per il mondo delle grotte ma, per fortuna, non fu così, anzi mi contagiò. Dopo qualche tempo iniziai a sfogliare i vari Prograssione che Louis Torelli, Presidente della Commissione Grotte “E. Boegan” (CGEB) aveva regalato a Francesca. La curiosità per quel mondo fece breccia nel mio disinteresse per la materia e mi ritrovai a leggere e letteralmente divorare uno dietro l’altro gli articoli che descrivevano esplorazioni, grotte, fiumi sotterranei, storie che ricordavano Viaggio al centro della terra, tralasciando per il momento quelli più tecnici in quanto non sapevo la differenza tra un meandro e una forra, ovvero per me facevano parte di un lessico e di un mondo a cui non avevo fatto caso fino a quel momento. Francesca un giorno mi arriva a casa con un volantino, 44° Corso di speleologia. “Starai scherzando?” pensai tra me e me. Ma vista la sua determinazione e per il fatto che se avesse fatto il corso praticamente non l’avrei più vista tra impegni lavorativi suoi e miei e il corso nonostante viviamo sotto lo stesso tetto, decisi di iscrivermi con qualche riserva. Le riserve in realtà non erano preconcette ma si erano manifestate dopo aver letto alcuni articoli in cui degli speleologi sfuggivano ad una piena sul Canin arrampicando su per i camini o scendevano in grotte con 50° e 100% di umidità e avevano creato dentro di me l’immagine che la speleologia fosse una disciplina da e per pazzi scatenati. Dovevo trovarmi un motivo e quale poteva essere per uno che vive di video se non quello di girare un documentario. Una sera appena Francesca tornò dalla sua scuola di danza le proposi che mi iscrivevo anch’io solo se potevo girare un documentario sul corso seguendola passo passo. Francesca qualche giorno dopo propose a Louis la mia idea e ne fu entusiasta e si decise di fare una riunione per capire il da farsi. Alla riunione tra noi tre si aggiunse il direttore del corso Marco “Linus” Di Gaetano che si disse favorevole ma che dovevo prima dare importanza alla sicurezza e dopo al documentario, visto che non avevo la benché minima idea di come si facesse una progressione in corda. Questo appunto di Linus fu un piccolo problema nella mia idea e non avevo considerato alcuni aspetti puramente “logistici”. Quando mi scontro con un problema lo affronto in modo abbastanza pragmatico e ho sempre una modalità, cerco precedenti e in questo caso non ne trovai. Cercai su internet e trovai solamente dei video di uscite oppure descrizioni tecniche, nessun documentario simile a quello che avevo in mente. Trovai però moltissimi video di arrampicata e molti di questi si avvicinavano allo stile che volevo dare al documentario. Ero anche incuriosito dai format realizzati per le tv che seguono il modello di mini documentario a puntate sulle esperienze in varie discipline sportive, ma quello che mi mancava era il lato esperienziale. Così la linea guida che doveva seguire il tutto era l’esperienza del corso da parte di Francesca e l’idea, che si basava su fare un’intervista prima e dopo le lezioni sia di teoria che di pratica intervallate da immagini riprese durante il corso, fece breccia nello storyboard mentale che stavo creando in quei giorni. Così iniziai con le riprese delle lezioni teoriche e la prima lezione pratica in palestra senza avere grossi problemi che però si manifestarono il giorno della prima uscita in cava, non tanto per i problemi di ripresa ma per i problemi miei, ovvero, affrontare una parete verticale di 25 metri. Per salvare capra e cavoli misi la videocamera in modalità di registrazione ad intervallo così da creare un timelapse. Il timelapse è una tecnica che si utilizza per velocizzare le immagini riprendendo un fotogramma ogni x secondi, 10 nel mio caso, che alla fine creano un video in movimento molto veloce. Avevo preparato anche le due GoPro ma alla fine non le ho usate poiché ero più concentrato sugli attrezzi ancora sconosciuti che mi trovavo addosso che non alle riprese. Per fortuna avevo acceso l’altra videocamera che riprendeva in largo tutta la cava. Alla fine riuscii sia a salire che a scendere, ma non con molta convinzione. Il giorno seguente ci fu la prima grotta, la VG 12, e la sera prima avevo preparato tutto il necessario per le riprese. La videocamera “grande” per le interviste, le 2 GoPro, battezzate Phobos e Deimos (Paura e Panico) per l’occasione, per i caschetti e la videocamera “piccolina” per le riprese veloci. Nonostante non sia sceso fino in fondo, sempre con la solita mia non molta convinzione sugli attrezzi, almeno Francesca lo ha fatto e con tanto di GoPro sul caschetto e a vedere il girato la sera mi è salita un po’ di rabbia per la mia “non molta convinzione”. Prima e dopo ogni uscita facevo l’intervista a Francesca e ne stava uscendo un bello spaccato della sua esperienza e la confrontavo con il mio “viaggio” interiore che si stava materializzando. Quando, finito il corso, facemmo un uscita con Marco “Cavia” Sticotti e Riccardo “Riki” Corazzi in grotta Noè, poco prima di scendere, quando la mia “non molta convinzione” stava prendendo il sopravvento e stava diventando “panico puro”, Riki mi disse parafrasando Nietzsche “se guardi troppo l’abisso, l’abisso guarderà dentro di te” cosa che l’abisso aveva fatto egregiamente nell’uscita in grotta Impossibile facendo scatenare in me il “viaggio” interiore che citavo prima. L’Impossibile era una grotta che Francesca voleva vedere e mi ricordo che qualche anno prima avevamo guardato un documentario girato durante le esplorazioni uscito in allegato con il Piccolo, il giornale di Trieste, e mi ricordavo lo sguardo affascinato alla vista di queste immagini stupende girate in una tra le ultime e più affascinanti grotte scoperte sul Carso triestino. Così poter visitare l’Impossibile era un po’ un sogno per lei e nel documentario ho lasciato la sua descrizione praticamente completa. Io invece ero sempre in lotta con il mio abisso e anche in Impossibile le due GoPro sono state indossate da Fabio “Refe” Feresin e da Francesca. Refe, l’istruttore che è sceso con Francesca, aveva una GoPro sul casco perciò il girato era perfetto in quanto mostrava tutte le operazioni effettuate durante la discesa fino al cavernone con una bellissima ripresa nel momento in cui Francesca spunta dal buio in alto e sparisce nel buio sottostante. Quell’immagine era proprio il mio incubo in formato video. Trovarmi nel vuoto appeso nel nulla. Per fortuna arrivai fino all’imbocco del pozzo così avevo almeno delle immagini della prima parte della grotta tutta in scala e anche questa volta guardando il girato ero contento nonostante i problemi di luminosità, ma d’altronde si girava in grotta. Le uscite si susseguivano e finalmente anch’io presi un po’ di confidenza con gli attrezzi e riuscii a fare delle riprese fino in fondo, anche aiutato da Tullio “Tullietto” Dagnello, che ha ripreso le ultime due uscite con la videocamera piccola girando un ottimo materiale da un punto di vista che nelle prime due grotte non c’era. Le interviste a Francesca continuavano ma avevo bisogno anche di contestualizzare il gruppo e l’ambiente dove stavamo facendo il corso e l’intervista a Mario “Marietto” Gherbaz divenne la presentazione della Commissione Grotte all’interno del documentario. Ero a metà dell’opera nel senso che avevo quasi tutti i tasselli del mosaico, ma nella mia visione d’insieme del progetto mancavano ancora alcuni elementi importanti, la descrizione del corso, le impressioni degli altri corsisti e un’ulteriore testimonianza riguardo le donne nella speleologia. Mancava ancora un’uscita alla fine del corso ed era l’ultima occasione per poter intervistare il resto del gruppo, così usciti dalla grotta Borraccia conclusi le interviste di decrizione del corso con Linus, e le singole esperienze di Alessio, Giulia, Anna e Giuliano. Nei giorni seguenti la fine del corso iniziai ad abozzare il montaggio e l’idea iniziale si stava leggermente modificando. In origine i video dovevano essere molti di più e dovevano avere una struttura composta da intervista pre uscita, impressioni sulla lezione teorica, descrizione della grotta con intervista/presentazione della stessa da parte di un istruttore, riprese della grotta/lezione, considerazioni finali. Il format in sostanza era questo, ma in montaggio mi resi conto che sarebbe diventato alquanto ripetitivo e di difficile realizzazione dovuta anche alla mancanza di materiale girato, nonostante le oltre 15 ore di riprese, perciò decisi di realizzare un documentario di 30-40 minuti che ripercorreva tutto il corso concentrandomi più sull’aspetto emotivo che meramente tecnico. Il documentario stava prendendo forma e una volta integrato anche l’intervento di Antonella “Tonza” Tizianel sul discorso donne e speleologia si chiudeva il quadro d’insieme che mi ero prefissato. Ieri sera (21/02/2013) il documentario è stato presentato a Hells Bells Speleo Award 2013 e ha ricevuto una menzione speciale che recita: “Menzione Speciale al film “CRO RI DI LO MA” di Antonio Giacomin, ed in particolare alla testimonianza di Francesca Debelli, che è riuscita a trasmettere con spontaneità ed efficacia lo spirito, le sensazioni, l’entusiasmo di un partecipante ad un corso di speleologia, e di una persona che in genere si avvicina al mondo sotterraneo.”
Alla fine della proiezione alcuni miei amici mi hanno fatto il complimento più bello che potevo ricevere ovvero “Sai che ci è venuta voglia di fare un corso di speleologia”, alla fine, le ore passate a guardare e riguardare il materiale e a fare e rifare il montaggio volevano avere proprio questo obiettivo, far scoprire anche agli altri un mondo stupendo che prima di grotte e di uscite è fatto di persone stupende.
Non posso che esserne onorato e felice per aver fatto assieme a Francesca un lavoro che è stato aprezzato anche dal pubblico e che per me ha una valenza che supera il lato professionale, e questo premio lo dedico alla Commissione Grotte e ai suoi futuri speleologi
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