Tutto quello che ho scritto sul mio destino – con speranze
o con timore, per scherzo o seriamente – mi mortifica.
Ciò che sento è sgradevole. Mi sembra che da molto tempo ero a
conoscenza della fine funesta a cui portavano i miei atti, e che ho insistito
con superficialità ed ostinazione… Avrei potuto mantenere questa
condotta in un sogno. Nella pazzia… Durante la siesta di oggi, come un
commento simbolico ed anticipato, feci questo sogno: mentre giocavo una partita
di croquet seppi che l’azione del mio gioco stava uccidendo un uomo. Poi
ero io, irrimediabilmente, quell’uomo.
Ora l’incubo continua… La mio fallimento è definitivo,e mi
metto a raccontare i sogni. Voglio svegliarmi e sento quella resistenza che
impedisce di uscire dai sogni più atroci.
Oggi la donna ha voluto che percepissi la sua indifferenza. Ci è riuscita.
Ma la sua tattica è disumana. Io sono la vittima; eppure credo di vedere
la questione in modo oggettivo.
Arrivò con l’orrendo tennista. La presenza di questo uomo deve
calmare la gelosia. È molto alto. Portava una borsa da tennis, granata,
troppo ampia, dei pantaloni bianchi e delle scarpe bianche e gialle, smisurate.
La barba sembrava posticcia. La pelle è femminile, cerosa, marmorea sulle
tempie. Gli occhi sono scuri; i denti abominevoli. Parla lentamente, aprendo
molto la bocca, piccola, rotonda, vocalizzando come un bimbo, mostrando una
lingua piccola, rotonda, cremisi, sempre attaccata ai denti inferiori. Le mani
sono lunghissime, pallide; secondo me sono ricoperte da un tenue rivestimento
di umidità.
Mi nascosi immediatamente. Non so se lei mi ha visto; immagino di sì,
perché in nessun momento mostrò di cercarmi con gli occhi.
Sono sicuro che l’uomo non badò al giardino fino a più tardi.
Lei fece finta di non vederlo.
Sentii alcune esclamazioni francesi. Poi non parlarono. Rimasero come improvvisamente
intristiti, guardando il mare. L’uomo disse qualcosa. Ogni volta che un’onda
si rompeva contro gli scogli io mi avvicinavo di due o tre passi, rapidamente.
Erano francesi. La donna mosse la testa; non sentii quello che disse, ma evidentemente
era una negazione; aveva gli occhi chiusi e sorrideva con amarezza o con estasi.
- Mi creda, Faustine – disse il barbuto con una disperazione mal contenuta,
ed io seppi il nome: Faustine. (Ma ha perduto ogni importanza).
- No… ora so quello che sta cercando…
Sorrideva senza amarezza, né estasi, superficialmente. Ricordo che in
quel momento la odiai. Giocava con il barbuto e con me.
- È una disgrazia che non ci si intenda. Il tempo è breve: tre
giorni, e non avrà più importanza.
Non capisco bene la situazione. Quest’uomo deve essere il mio nemico.
Mi è sembrato triste; non mi turberebbe se la sua tristezza fosse un
gioco. Quello di Faustine è insopportabile, quasi grottesco.
L’uomo volle togliere importanza alle parole di prima. Disse varie frasi
che avevano, più o meno, questo significato:
- Non c’è da preoccuparsi. Non ne discuteremo per un’eternità…
- Morel – rispose stupidamente Faustine – sa che lo trovo misterioso?
Le domande di Faustine non poterono togliergli un tono di scherzo.
Il barbuto andò a prenderle il fazzoletto e la borsa. Stavano su una
roccia, a pochi metri. Tornò agitandoli e dicendo:
- Non prenda sul serio quello che ho detto… A volte credo che se sollecito
la sua curiosità… Ma non si arrabbi…
All’andata e al ritorno calpestò il mio povero giardino. Ignoro
se di proposito o con un’incoscienza irritante. Faustine lo vide, giuro
che lo vide, e non volle evitarmi questa ingiuria; continuò a interrogarlo
sorridente, interessata, quasi coinvolta dalla curiosità. Il suo comportamento
mi sembra ignobile. Il giardinetto è, senza dubbio, di pessimo gusto.
Perché farlo calpestare da un barbuto? Non sono già abbastanza
calpestato?
Ma cosa ci si può aspettare da gente così? Il tipo di entrambi
corrisponde al ideale che sempre ricercano gli organizzatori delle lunghe serie
di cartoline indecenti. Armonizzano: un barbuto pallido e una vasta gitana dagli
occhi enormi… credo di averli perfino visti nelle migliori collezioni
del Portico Amarillo, a Caracas.
Mi posso ancora chiedere: Che devo pensare? Certamente è una donna detestabile.
Ma che sta cercando? Forse gioca con me e col barbuto; ma potrebbe anche essere
possibile che il barbuto non sia altro che uno strumento per giocare con me.
Non le importa di farlo soffrire. Forse Morel non è niente più
che un enfasi della suo prescindere da me, e un segno che questa arriva al suo
punto massimo e alla sua fine.
Ma, se no… è già da tanto tempo che non mi vede… Credo
che la ucciderò o impazzirò, se continua. A volte penso che l’insalubrità
straordinaria della parte sud di questa isola deve avermi reso invisibile. Potrebbe
essere un vantaggio: potrei rapire Faustine senza nessun pericolo…