(CANTO VENTITREESIMO)
115
In così poca, in così debol speme
sveglia gli spiriti e gli rifranca un poco;
indi al suo Brigliadoro il dosso preme,
dando già il sole alla sorella loco.
Non molto va, che da le vie supreme
dei tetti uscir vede il vapor del fuoco,
sente cani abbaiar, muggiare armento:
viene alla villa, e piglia alloggiamento.
116
Languido smonta, e lascia Brigliadoro
a un discreto garzon che n'abbia cura;
altri il disarma, altri gli sproni d'oro
gli leva, altri a forbir va l'armatura.
Era questa la casa ove Medoro
giacque ferito, e v'ebbe alta avventura.
Corcarsi Orlando e non cenar domanda,
di dolor sazio e non d'altra vivanda.
117
Quanto più cerca ritrovar quiete,
tanto ritrova più travaglio e pena;
che de l'odiato scritto ogni parete,
ogni uscio, ogni finestra vede piena.
Chieder ne vuol: poi tien le labra chete;
che teme non si far troppo serena,
troppo chiara la cosa che di nebbia
cerca offuscar, perché men nuocer debbia.
118
Poco gli giova usar fraude a se stesso;
che senza domandarne, è chi ne parla.
Il pastor che lo vede così oppresso
da sua tristizia, e che voria levarla,
l'istoria nota a sé, che dicea spesso
di quei duo amanti a chi volea ascoltarla,
ch'a molti dilettevole fu a udire,
gl'incominciò senza rispetto a dire:
119
come esso a prieghi d'Angelica bella
portato avea Medoro alla sua villa,
ch'era ferito gravemente; e ch'ella
curò la piaga, e in pochi dì guarilla:
ma che nel cor d'una maggior di quella
lei ferì Amor; e di poca scintilla
l'accese tanto e sì cocente fuoco,
che n'ardea tutta, e non trovava loco:
120
e sanza aver rispetto ch'ella fusse
figlia del maggior re ch'abbia il Levante,
da troppo amor costretta si condusse
a farsi moglie d'un povero fante.
All'ultimo l'istoria si ridusse,
che 'l pastor fe' portar la gemma inante,
ch'alla sua dipartenza, per mercede
del buono albergo, Angelica gli diede.
121
Questa conclusion fu la secure
che 'l capo a un colpo gli levò dal collo,
poi che d'innumerabil battiture
si vide il manigoldo Amor satollo.
Celar si studia Orlando il duolo; e pure
quel gli fa forza, e male asconder pòllo:
per lacrime e suspir da bocca e d'occhi
convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi.
122
Poi ch'allargare il freno al dolor puote
(che resta solo e senza altrui rispetto),
giù dagli occhi rigando per le gote
sparge un fiume di lacrime sul petto:
sospira e geme, e va con spesse ruote
di qua di là tutto cercando il letto;
e più duro ch'un sasso, e più pungente
che se fosse d'urtica, se lo sente.
123
In tanto aspro travaglio gli soccorre
che nel medesmo letto in che giaceva,
l'ingrata donna venutasi a porre
col suo drudo più volte esser doveva.
Non altrimenti or quella piuma abborre,
né con minor prestezza se ne leva,
che de l'erba il villan che s'era messo
per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso.
124
Quel letto, quella casa, quel pastore
immantinente in tant'odio gli casca,
che senza aspettar luna, o che l'albore
che va dinanzi al nuovo giorno nasca,
piglia l'arme e il destriero, ed esce fuore
per mezzo il bosco alla più oscura frasca;
e quando poi gli è aviso d'esser solo,
con gridi ed urli apre le porte al duolo.
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