(CANTO QUARTO)
49
(...)
Poggia l'augel, né può Ruggier frenarlo:
di sotto rimaner vede ogni cima
ed abbassarsi in guisa, che non scorge
dove è piano il terren né dove sorge.
50
Poi che sì ad alto vien, ch'un picciol punto
lo può stimar chi da la terra il mira,
prende la via verso ove cade a punto
il sol, quando col Granchio si raggira,
e per l'aria ne va come legno unto
a cui nel mar propizio vento spira.
Lasciamlo andar, che farà buon camino,
(...)
(CANTO SESTO)
16
(...) Ma tempo è ormai di ritrovar Ruggiero,
che scorre il ciel su l'animal leggiero.
17
Ben che Ruggier sia d'animo costante,
né cangiato abbia il solito colore,
io non gli voglio creder che tremante
non abbia dentro più che foglia il core.
Lasciato avea di gran spazio distante
tutta l'Europa, ed era uscito fuore
per molto spazio il segno che prescritto
avea già a' naviganti Ercole invitto.
18
Quello ippogrifo, grande e strano augello,
lo porta via con tal prestezza d'ale,
che lasceria di lungo tratto quello
celer ministro del fulmineo strale.
Non va per l'aria altro animal sì snello,
che di velocità gli fosse uguale:
credo ch'a pena il tuono e la saetta
venga in terra dal ciel con maggior fretta.
19
Poi che l'augel trascorso ebbe gran spazio
per linea dritta e senza mai piegarsi,
con larghe ruote, omai de l'aria sazio,
cominciò sopra una isola a calarsi;
pari a quella ove, dopo lungo strazio
far del suo amante e lungo a lui celarsi,
la vergine Aretusa passò invano
di sotto il mar per camin cieco e strano.
20
Non vide né 'l più bel né 'l più giocondo
da tutta l'aria ove le penne stese;
né se tutto cercato avesse il mondo,
vedria di questo il più gentil paese,
ove, dopo un girarsi di gran tondo,
con Ruggier seco il grande augel discese:
culte pianure e delicati colli,
chiare acque, ombrose ripe e prati molli.
21
Vaghi boschetti di soavi allori,
di palme e d'amenissime mortelle,
cedri ed aranci ch'avean frutti e fiori
contesti in varie forme e tutte belle,
facean riparo ai fervidi calori
de' giorni estivi con lor spesse ombrelle;
e tra quei rami con sicuri voli
cantanto se ne gìano i rosignuoli.
22
Tra le purpuree rose e i bianchi gigli,
che tiepida aura freschi ognora serba,
sicuri si vedean lepri e conigli,
e cervi con la fronte alta e superba,
senza temer ch'alcun gli uccida o pigli,
pascano o stiansi rominando l'erba;
saltano i daini e i capri isnelli e destri,
che sono in copia in quei luoghi campestri
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