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Giulio Delminio Camillo - L'Idea del Theatro Il primo grado del theatro
piu Antichi et piu savi scrittori hanno sempre havuto
in costume di raccomandare a loro scritti i secreti di Dio sotto oscuri
velami, accio che non siano intesi, se non da coloro, i quali (come
dice Christo) hanno orecchie da udire; cioè che da Dio sono eletti
ad intendere i suoi santissimi misteri. Et Melisso dice, che gli occhi
delle anime volgari non possono sofferire i raggi della divinità.
Et ciò si conferma con lo esempio di Mosè, il quale scendendo
dal monte, sopra il quale egli anchor per lo mezo dell'Angelo haveva
parlato con Dio, non poteva esser guardato dal popolo, se egli il viso
col velo non si nascondeva. Et gli Apostoli ancora veduto Christo trasfigurato:
cioè quasi partito dalla grossezza della humanità, alla
quasi gloria della divinità: non sufficienti a riguardarlo per
la debolezza cadderono. Et nell'Apocalipsi si legge. Et significavit
mittens per Angelum suum servo suo Ioanni. Dove è da notare,
che anchor a Giovanni, con tutto, che egli fosse servo suo; non aperse
l'intendimento suo, senon per significationi et per visioni. Et veramente,
si come nella mondana militia sono adoperate le voci de Capitani, et
le trombe et le insegne, per conducere et inanimar le armate schiere
contra i nimici; non in altra maniera nella militia divina habbiamo
noi per la voce le parole del Signore, le angeliche trombe, lequali
sono le voci di Profeti, et de predicatori, et le insegne: et queste
sono i segni delle visioni; lequali significano, et non esprimono. A
questo habbiamo da aggiunger, che Mercurio Trismegisto dice, che il
parlar religioso et pien di Dio viene ad esser violate, quando gli sopraviene
moltitudine volgare. La onde non senza ragione gli antichi in su le
porte di qualunque tempio tenevano o dipinta, o scolpita una sphinga,
con quella imagine dimostrando, che delle cose di Dio non si dee, senon
con enigmi far publicamente parole. Il che in piu maniere ci
è stato ancora insegnato da Dio: che parola di Christo è,
che le margarite non si debbiano gittare a porci, et che a cani non
vogliamo dar le cose sante . Et parlando a gli Apostoli suoi disse loro.
Vobis da tum est nosse misterea regni coelorum, caeteris in parabolis,
ut videntes non videant, et audientes non intelligant. Et nel quarto
di Esdra Dio parlando di Mosè fatto salir sopra il monte, dice.
Et detinui eum apud me diebus multis, et narravi ei mirabilia multa
temporum, secreta, et finem. et dixi. haec in palam facies, et haec
abscondes. Et David a Dio parlando dice. Revela oculos meos, et considerabo
mirabilia tua. dove disse non di dover palesare, ma solamente di considerar
le altre maraviglie. Poi appartenendo le cose divine al sopraceleste
mondo, et essendo quello separato da noi dalla massa di tutti i cieli;
et non potendo la lingua nostra giunger alla espressione di quello,
senon (dirò così) per cenni et per similitudini, a fine
che per lo mezzo delle cose visibili sagliamo alle invisibili: non ne
è lecito, ancor, che Dio ci desse qualche gratia di ascendere
al terzo cielo, et di vedere i suoi secreti; quelli dico non ci è
lecito di revelare; percioché quelli rivelando, doppio error
si viene a commettere. Et ciò di scoprirgli a persone non degne,
et di trattargli con questa nostra bassa lingua, essendo quello il suggetto
delle lingue de gli angeli. Iquali due inconvenienti volendo fuggir
Giovanni, scrisse le sue visioni senza cercare in altra guisa dichiararle.
Et noi nelle cose nostre ci serviamo delle imagini, come di significatrici
di quelle cose, che non si debbon profanare. Et quanto a Dio sia caro,
che le cose sue siano tenute nella riverenza de loro velami; esso medesimo
ne fa fede, chiamando Mosè fedel ministro suo. Et da Cabalisti
Ezechiel vien chiamato propheta villano, per haver alla guisa d'un'huomo
di villa scoperto tutto quello che egli havea veduto. Ne tacerò
io, che i medesimi Cabalisti tengono che Maria sorella di Mosè
fosse dalla lebbra oppressa per haver revelate le cose secrete della
divinità: et che per lo medesimo delitto Ammonio morisse di sporca
et misera morte. Et tanto bastandoci di haver detto della riverenza
di quel silentio, nel qual si habbiamo da tener le cose sante, passiamo
col nome del Signore a ragionar del nostro theatro.
Et con questi suggetti viene ad esser concluso il primo grado del Theatro. |