Mi alzai all’alba. Sentivo che il merito del mio sacrificio era sufficiente per portare a termine il lavoro.
Vidi i fiori (abbondano nella parte bassa dei burroni). Colsi quelli che mi sembrarono i meno sgradevoli. Perfino quelli di colore vago hanno una vitalità quasi animale. Poco dopo li guardai, per metterli in ordine, perché già non riuscivo a tenerli sotto il braccio: erano morti.
Stavo per rinunciare al mio progetto, ma mi ricordai che un poco più in alto, vicino al museo, c’è un altro luogo con molti fiori… Dato che era presto, mi parve che non ci fosse rischio nell’andare a vederli. Gli intrusi dormivano sicuramente.
Sono minuscoli, acri. Ne tagliai alcuni. Non hanno questa mostruosa urgenza di morire.
I loro inconvenienti: la dimensione e il fatto di stare in prossimità del museo.
Ho passato quasi tutta la mattinata esponendomi al rischio di essere scoperto da chiunque avesse avuto il coraggio di svegliarsi prima delle dieci. Mi sembra che questo così modesto requisito di calamità non si verificò. Mentre mettevo insieme i fiori ho vigilato il museo e non ho visto nessuno dei suoi occupanti; questo mi permette di supporre che nemmeno loro mi hanno visto.


I fiori sono molto piccoli. Dovrò piantarne a migliaia se non voglio un giardinetto infimo (sarebbe più bello e facile da fare; ma esiste il pericolo che la donna non lo veda).
Mi applicai a preparare le aiuole, a rompere le zolle (sono dure, le superfici piane sono molto vaste), a irrigare con acqua piovana. Quando avrò finito di preparare la terra dovrò cercare altri fiori. Farò il possibile perché non mi sorprendano, soprattutto perché non interrompano il lavoro o lo vedano prima che sia pronto. Mi sono scordato che per i movimenti di piante ci sono esigenze cosmiche. Non posso immaginare che dopo tanto pericolo, dopo tanta fatica, i fiori non arrivino vivi fino al tramonto.
Non ho estetica per i giardini; in ogni caso, tra i pàstini, i cespugli d’erba secca, il lavoro risulta commovente. Sarà una frode, naturalmente; secondo il mio piano, questa sera sarà un giardino curato; forse domani sarà morto o senza fiori (se c’è vento).
Mi vergogno un po’ a dichiarare il mio progetto. Un’immensa donna seduta, che guarda a ponente, con le mani giunte sopra un ginocchio; un uomo esiguo, fatto di foglie, inginocchiato di fronte alla donna (sotto questo personaggio metterò la scritta “Io” tra parentesi).
Ci sarà questa iscrizione:
Sublime, non lontana e misteriosa,
Con il silenzio vivo della rosa.

V